Ristrutturazione del debito pubblico in chiave “green”
Una soluzione possibile per i Paesi in via sviluppo (e per il pianeta)
La pandemia di Covid-19 ha aggravato il debito di molti Paesi, soprattutto in via di sviluppo, che oltre alle sfide sanitarie devono affrontare una situazione debitoria che rischia di divenire insostenibile.
La Banca Mondiale stima che circa 10.000 miliardi di dollari siano stati aggiunti alle azioni del debito sovrano dall'inizio del 2020, rappresentando il 12 per cento del prodotto interno lordo (Pil) mondiale nel 2020. Per alcuni Paesi emergenti, il debito pubblico ha raggiunto un livello insostenibile e secondo il Fondo monetario internazionale (Fmi) e la Banca mondiale 36 Paesi su 70 in via di sviluppo a basso reddito versano attualmente in difficoltà per il debito contratto.
A parte scelte drastiche non sempre praticabili come il condono o la cancellazione del debito, una soluzione innovativa in tal senso potrebbe essere la ristrutturazione del debito pubblico in chiave "green", attraverso i cosiddetti “swap” del debito per il clima e la natura.
La procedura assegna ai Paesi debitori la possibilità di estinguere una parte delle loro passività esterne pagando un importo equivalente in valuta locale per finanziare progetti ambientali e di conservazione all'interno del proprio territorio.
Nel settembre 2020 l’International Institute for Environment and Development ha diffuso un rapporto che ha esplorato il concetto di “swap” di debito per clima e natura come uno strumento politico in grado di sostenere i Paesi meno sviluppati e in via di sviluppo con il loro crescente carico di debito, sostenendo al contempo la lotta ai cambiamenti climatici e la biodiversità.
Nello specifico, il concetto di “swap” prevede che un contratto di debito esistente venga scambiato con un nuovo contratto, con la transazione che comporta una qualche forma di "svalutazione" o "sconto" sul valore del contratto originale. Lo sconto sul contratto di debito potrebbe essere ottenuto abbassando il tasso di interesse, cambiando la valuta dell'importo posseduto, rifinanziando a un valore di mercato inferiore corrente e/o cancellando il debito. Il denaro risparmiato viene quindi investito in attività per la salvaguardia del clima e dell’ecosistema.
La possibilità di ristrutturare il debito in chiave sostenibile e “green” è stata presa in seria considerazione dal Fondo monetario internazionale, che lo scorso 15 aprile ha annunciato che presenterà una opzione per l’impiego di tali strumenti finanziari entro novembre in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Cop-26 (in programma a Glasgow dall’1 al 12 novembre).
Intervenendo durante il seminario “Securing a Green Recovery: The Economic Benefits from Tackling Climate Change”, la direttrice dell’Fmi, Kristalina Georgieva, ha sottolineato che gli “swap” del debito sostenibile hanno il potenziale per stimolare un'azione accelerata sui cambiamenti climatici nei Paesi e potranno consentire di affrontare la duplice crisi: quella dell’aumento del debito pubblico derivante dalla pandemia e quella climatica. Banca mondiale e Fondo monetario internazionale stanno inoltre sviluppando un quadro organizzativo per collegare la cancellazione del debito ai piani di investimento dei Paesi per uno sviluppo sostenibile, resiliente e inclusivo (“green, resilient, inclusive development – Grid”).
L'idea di uno scambio "debito per clima" è stata concepita per la prima volta negli anni '80 del secolo scorso dall'allora vicepresidente del World Wildlife Fund (Wwf), Thomas Lovejoy, sulla scia della crisi del debito latinoamericano. L'idea era semplice: una Ong avrebbe agito come donatore, acquistando il debito dalle banche commerciali al suo valore nominale sul mercato secondario, fornendo quindi un livello di alleggerimento del valore del debito. Il titolo del debito sarebbe stato trasferito al Paese debitore in cambio di uno specifico impegno per obiettivi ambientali o di conservazione, eseguito attraverso un fondo ambientale nazionale.
Nel 2018, il governo delle Seychelles ha collaborato con The Nature Conservancy, Global Environment Facility (Gef) e il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) per sviluppare uno scambio “debito per natura” per 27 milioni di dollari di debito ufficiale, per creare vaste aree di parchi marini protetti per la resilienza climatica, la gestione della pesca, la conservazione della biodiversità e l'ecoturismo.
Nel corso del 2020 diversi Paesi debitori hanno chiesto che i piani di sostegno economico post-Covid siano in linea con gli obiettivi di Parigi sul Clima, con Pakistan, Giamaica, Namibia e Mauritania che hanno richiesto di ristrutturare il proprio debito con “swap” verdi e sostenibili. Particolarmente innovativa è la proposta del Pakistan di un nuovo schema di ristrutturazione del debito, sviluppata insieme all’iniziativa Finance for Biodiversity (F4B), che prevede la creazione di “nature performance bond” a un programma di riforestazione del Paese con la piantumazione di 10 miliardi di alberi in tutto il Paese. Il programma, già in atto e finanziato dal governo di Islamabad, ha già consentito la creazione di 85.000 posti di lavoro salariali giornalieri in allevamento di vivai, cura delle piante, protezione delle foreste naturali e attività antincendio.