Energia solare via cavo
Dai pannelli nel deserto australiano a una città affamata di energia (pulita). A 4mila chilometri di distanza
Una città asiatica affamata di energia, due miliardari australiani, un progetto innovativo in grado di trasferire energia pulita da un continente all’altro. Il risultato di questa bizzarra formula quasi alchemica segna la nascita di un progetto innovativo che parte dai deserti australiani e arriverà a Singapore, trasformando la potenza del sole in energia pulita che andrà ad alimentare la città-stato col simbolo del leone. Come? Trasferendo l’energia da quella che diventerà la più grande fabbrica solare del mondo attraverso 3.800 km di cavi sottomarini ad alta tensione e corrente continua. Progetto ambizioso e che vale, per la sola fabbrica, oltre 13 miliardi di dollari di investimento, su un’estensione di circa 15mila ettari. L’energia viene prodotta viene immagazzinata in un enorme impianto di stoccaggio sotto il sole che illumina e scalda Tennant Creek nel Territorio del Nord (Northern Territory), 1000 chilometri a Sud di Darwin e la capacità produttiva del sito potrebbe arrivare a coprire fino a un quinto della richiesta di energia della Città del Leone senza contare tutti gli altri Paesi, vicini e lontani, che potrebbero utilizzare o copiare l’iniziativa.
Trovare la strada non e stato facile: Sun Cable, società con sedi a Singapore, in Australia e in Indonesia, ha trovato però il denaro grazie a due imprenditori australiani: il magnate del ferro Andrew Forrest (Fortescue Metals) e il gigante della tecnologia e co fondatore di Atlassian-Software, Mike Cannon-Brookes. Metà miliardari, metà filantropi, metà visionari, ci hanno creduto e hanno sottoscritto gran parte dell’investimento i cui numeri, e le sfide, sono davvero importanti. Poi bisognava convincere altri investitori e Singapore. Il progetto però da idea ha messo le gambe.
Circa il 95% dell'elettricità di Singapore è generata da gas naturale liquido (GNL) ma, ovviamente, si tratta di una risorsa energetica viene importata e pertanto la leadership della Città del Leone ha deciso di puntare sull’energia solare. Sun Cable ci ha visto allora una possibilità per far partire il progetto: secondo la società, l’affidamento di Singapore sul gas naturale liquido importato lascia i consumatori di elettricità eccessivamente esposti ai capricci del mercato, in alcuni periodi assai volatile nel settore degli idrocarburi. La sfida, secondo Sun Cable, è quella di produrre circa un quinto dell'elettricità di cui Singapore ha bisogno attraverso l'energia solare proveniente dal deserto australiano e trasmessa tramite un cavo HVDC (High Voltage Direct Current). Le forti relazioni dell'Australia con Singapore, la sua economia stabile, il quadro politico e giuridico, garantiranno – sostiene la compagnia - la sicurezza dell'approvvigionamento per la città-stato. Non solo. Le batterie di accumulo di Tennent Creek consentiranno non soltanto a Singapore, ma anche allo stesso Territorio del Nord, di disporre di una fornitura di energia elettrica più diversificata, aumentando in tal modo la resilienza e aiutando i fruitori del progetto a raggiungere gli obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra come previsto dal summit di Parigi.
Andrew Koscharsky, direttore commerciale di iSwitch (compagnia privata di elettricità nella Città del Leone), intervistato dal South China Morning Post, ha spiegato al giornale di Hong Kong che “l'appetito di Singapore per l'energia pulita è in crescita e che il piano è win-win per tutti”. Inoltre Koscharsky fa notare che “la liberalizzazione a Singapore del mercato dell'elettricità al dettaglio, che ha consentito ai consumatori di scegliere il fornitore e quindi la fonte di energia, potrebbe servire da guida per altri Paesi dell'Asia”. Un progetto che potrebbe fare da esperimento pilota per molti Paesi asiatici, dal Vietnam alle Filippine. Ma anche per la Cina, la più famelica realtà asiatica in fatto di fonti energetiche. O per l’India, il cui premier Narendra Modi ha lanciato lo slogan: one sun, one world, one grid.
Tutte luci? Ci sono diversi rischi a cominciare da quello che il cavo sottomarino collassi (potrebbero infatti essere più di uno), infine i costi di manutenzione, l’impatto ambientale (in Australia) e l’interrogativo sullo smaltimento dei pannelli (o degli accumulatori) a fine corsa, un problema cui si sta lavorando da tempo senza grandissimi risultati e che preoccupa gli ambientalisti.