Un’Europa sempre più in movimento
Struttura e direttrici degli spostamenti di persone nell’Unione Europea
Le fondamenta su cui è costruita l’Unione Europea sono la libera circolazione di merci, di servizi, di capitali e di persone.
Un movimento agile e autonomo tra gli stati membri, infatti, significa mercato unico, integrazione, trasversalità e orizzonti culturali comuni. Proprio questi sono gli obiettivi dell’Unione Europea sin dalle origini, col trattato di Roma del 1957, che stabiliva l’abolizione delle barriere doganali; fino al trattato di Maastricht del 1992, che sanciva la nascita della cittadinanza europea e il libero movimento dei cittadini.
Proprio grazie alla libera circolazione delle persone, gli europei hanno superato la tradizionale frontiera nazionale e hanno acquisito il diritto di spostarsi, vivere, lavorare e investire in tutti i paesi aderenti. Di conseguenza, la mobilità tra gli stati europei ha raggiunto livelli inediti.
Le dinamiche della mobilità tra stati sono molte (e complesse): la prima e più importante è senza dubbio riferita alle migrazioni tra nazioni europee. L’altra grande dinamica dei migranti tra stati europei, invece, è riferita a chi si sposta da o verso paesi extra-europei, quindi con punti di partenza o arrivo situati fuori dai confini di libera circolazione. Il recente rapporto People On The Move di Eurostat cerca di fotografare le statistiche sulla mobilità in Europa oggi, tenendo in considerazione diversi fattori.
Nel 2018 l’Unione Europea contava 512 milioni di abitanti: di questi, il 7,8% aveva una cittadinanza diversa dal paese di residenza, con il 4,4% di abitanti provenienti da paesi extra-UE e il 3,4% da paesi europei. Lussemburgo, Liechtenstein e Cipro sono i paesi con la percentuale più alta di cittadini provenienti da paesi UE, Estonia e Lettonia invece presentano una quota significativa di cittadini extra-UE.
Secondo le statistiche raccolte da Eurostat, oltre tre quarti dei cittadini di paesi extra-UE sono in età lavorativa (da 15 a 64 anni), la maggior parte dei quali presente in Polonia, Romania (entrambe a 88%) e Irlanda (87%). Anche i cittadini di paesi europei che vivono in stati diversi da quello di origine si collocano per la maggior parte nella fascia di età lavorativa 15-64: qui primeggiano la Repubblica Ceca (86%), l’Estonia e la Romania (entrambe a 85%).
La percentuale di migranti (intesi come chiunque si sposti) nell’UE non ha conosciuto trend stabili, anche in virtù delle crisi migratorie che hanno interessato l’area del Mediterraneo, derivanti dai conflitti africani e mediorientali. Il numero più alto di migranti è stato registrato nel 2015, con un picco di 4,7 milioni di migranti.
Gli ultimi dati raccolti da Eurostat fanno riferimento al 2017, anno in cui il 46% dei migranti proveniva da paesi extra-UE, il 30% erano cittadini dell'UE e il 23% tornava al proprio paese di origine. Tra gli Stati membri, le maggiori quote di immigrati con cittadinanza extra UE nel 2017 (sul totale dei migranti nel singolo paese) si sono registrate in Italia (70% dei migranti), Slovenia (65%) e Svezia (62%). Anche i dati sul numero di permessi di soggiorno concessi nell'UE ai cittadini di paesi terzi risultano in costante aumento dal 2008 al 2017 (da 2,3 milioni nel 2014 a 3,1 milioni nel 2017).
In particolare, una grande spinta di mobilità per i cittadini europei è da sempre lo studio.
Basti pensare al programma Erasmus: fondato nel 1987 e da allora evolutosi in differenti declinazioni (la cui ultima prende il nome di Erasmus+), nel 2017 ha visto circo 192000 studenti universitari (114000 triennali e 78000 specialistici) usufruire della mobilità europea per studiare in paesi diversi da quello di origine: il principale paese di destinazione dello scambio per gli studenti triennali è stato la Spagna (21300 laureati o il 19% del totale dei laureati Erasmus nell'UE nel 2017), seguita dalla Germania (18400 o 16%), il Regno Unito (12400, 11 %), Italia (11500, 10%) e Paesi Bassi (10900, 10%). Per gli studenti di corso specialistico i paesi di maggiore affluenza sono stati Francia (20 500, 26% del totale) Italia (15000, 19 %) e Germania (14600, 19%). Anche la percentuale di studenti in mobilità vede delle differenze importanti a seconda dei paesi:
L’eterogeneità si riflette nel mondo del lavoro: nel 2018 l'8,3% degli occupati dell’Unione era costituito da cittadini stranieri. Se prendiamo in considerazione la quota di cittadini stranieri rispetto all'occupazione totale, il 4,1% degli occupati proviene da paesi membri, mentre il 4,2% proviene da paesi Extra-UE.
Nel settore dei servizi le quote erano del 4,0% per gli altri cittadini degli stati membri e del 4,3% per i cittadini extra-UE; mentre erano, rispettivamente, del 4,5% e 3,9% nel settore industriale e del 2,5% e 3,4% nel settore agricolo. Tra gli Stati membri, la quota maggiore nell'occupazione totale di cittadini di altri stati UE si è registrata in Lussemburgo (49,4%), Irlanda (12,8%) e Cipro (11,4%), mentre per i cittadini non UE le percentuali maggiori sono state in Estonia (13,1%), Malta (9,4%) e Cipro (7,6%).
Anche i tassi di occupazione vedono delle differenze sostanziali a seconda del tipo di cittadini presi in considerazione: il tasso di occupazione per i lavoratori con la stessa cittadinanza dello stato in cui vivono era del 74% nel 2018, contro il 77% dei lavoratori con la cittadinanza di uno stato membro e solo il 59% per i lavoratori provenienti da paesi extra-UE.
La mobilità può essere considerata non solo come spostamento da uno stato all’altro, ma anche da una regione all’altra: nel 2018, 18,3 milioni di occupati (circa il ,3% del totale) hanno fatto i pendolari tra diverse regioni, con i maggiori flussi di pendolarismo registrata tra le regioni esterne a Londra e il territorio del Belgio.
Un’ultima categoria che possiamo prendere in considerazione è la mobilità per ragioni strettamente turistiche: nel 2018 circa il 64% della popolazione totale dell’Unione ha fatto almeno un viaggio privato con scopi turistici in un altro paese. Tra i paesi che hanno visto una percentuale più alta di popolazione impegnata in viaggi turistici, al primo posto vi sono Norvegia (91% della popolazione), Finlandia (91%) e Olanda (85%), mentre alla coda della classifica si trovano Romania (27%), Bulgaria (33%) e Grecia (42%).
I dati registrano quindi un’Europa sempre più in movimento ma a due velocità, sia che si tratti di lavoro che di studio, con alcuni paesi (soprattutto quelli del Nord Europa) a fare da traino e una fascia di paesi che invece fatica ancora a reggere il ritmo dell’integrazione europea. I trend europei rimangono comunque positivi, in virtù dell’apparato legislativo e delle iniziative prese dal Parlamento Europeo per potenziare il carattere federale dell’Unione su più livelli, garantendo degli standard che siano in grado di valere in ogni paese aderente. Questa integrazione passa per aspetti molto diversi: dalle iniziative comuni sulla difesa (il potenziamento dell’EDF, il fondo comune per la difesa) alla decisione di vietare la plastica usa e getta in tutti gli Stati dell’Unione, fino ad arrivare all’abolizione di costi aggiunti per l’uso di cellulare e i servizi online nei territori europei.