Lo sprint dell'Asia
Il continente asiatico si prepara al boom tecnologico
È presto per dire se questo sarà davvero il secolo dell’Asia. Certamente il più grande e affollato continente al mondo sta continuando a crescere a ritmi sostenuti, confermandosi motore dell’economia globale. Secondo le proiezioni del Fondo monetario internazionale quest’anno il Pil segnerà un’avanzata del 5,5%, più di ogni altra regione al mondo.
D’altra parte il potenziale è enorme: in Asia vive il 60% circa della popolazione mondiale, oltre la metà ha un’età inferiore ai trent’anni. Il continente vanta anche circa il 50% di tutti gli utenti Internet al mondo.
Insomma, gli ingredienti per il boom ci sono tutti: crescita economica, ascesa della classe media, una popolazione giovane e dunque connessa, pronta a recitare la propria parte nella rivoluzione tecnologica. Per quanto non abbia ancora raggiunto i livelli dell’Occidente, l’Asia sta diventando un importante laboratorio tech sul piano globale. Aziende quali Alibaba, Huawei, Baidu, LG, Samsung, Toyota e Sony, solo per citarne alcune, sono in prima linea su questo fronte. Le loro vicende rimbalzano ogni giorno sulla stampa occidentale. Tra le notizie più recenti, il miliardo e mezzo di dollari che Baidu ha stanziato per sviluppare la self-driving car, e la possibilità che Tencent, colosso cinese della Rete, acquisisca Spotify, il colosso della musica in streaming. L’Occidente va in Asia, l’Asia conquista l’Occidente.
Per captare il cambiamento in corso basta guardare ai brevetti. Il database della Banca mondiale rivela che nella sola Cina, nel 2015, ne sono stati registrati oltre 900mila. Nel 1989, l’anno della rivolta di Tienanmen, il livello era di poche migliaia. Importante anche il progresso della Corea del Sud, che sempre nel 2015 ha sfondato quota 150mila.
Ed è proprio la Corea del Sud a risultare il Paese più innovativo al mondo secondo il Bloomberg Innovation Index. Un risultato clamoroso per un Paese che nel 1957 aveva un PIL paragonabile a quello del Ghana. La chiave del successo coreano sta negli investimenti stanziati in ricerca e sviluppo (R&D). Nel 2015, secondo la Banca mondiale, si attestavano al 4,23% del prodotto interno lordo. Molto alta anche la quota del Giappone (3,28%), in aumento quella cinese (2,07%), poco più alta quella di Singapore, altra tigre dell’innovazione, una città-stato dinamica e tra le grandi calamite mondiale degli investimenti (2,3%).
I dati su R&D, a cui l’Ocse ha dedicato un’apposita ricerca, evidenziano però che c’è Asia e Asia. L’India marcia a un ritmo più lento: investe solo lo 0,63% del Pil. Thailandia, Filippine e Indonesia ancora di meno. Il dato è ancora insufficiente, certo, ma il potenziale demografico ed economico è enorme.
L’Asia avanza anche nella qualità delle sue università. Nell’edizione 2016-2017 dello Higher Education Ranking, curato dal quotidiano Times, sono 289 le università asiatiche presenti nella lista complessiva dei migliori 980 atenei. Diciannove di esse figurano nella top 200, a fronte delle quindici del 2015-2016. Gli atenei cinesi recitano la parte del leone. L’Università di Pechino è la ventinovesima migliore al mondo; quella di Tsinghua si piazza al trentacinquesimo posto. Anche l’università di Singapore è molto valida, e l’Indian Institute of Science sta guadagnando posizioni.
Grande, ovviamente, è l’interesse dei global player mondiali per l’Asia: tutti cercano di aprirsi varchi nel mercato. Si è mossa da tempo anche Generali. È presente in nove Paesi (Cina, India, Hong Kong, Malesia, Thailandia, Giappone, Filippine, Vietnam, Indonesia) e scommette su connettività e digitalizzazione. In Indonesia, Vietnam e Hong Kong il gruppo ha sviluppato Omni-channel, una piattaforma mobile dedicata agli agenti e ai venditori, mentre in India la app iMoSS fornisce un servizio in diretta e sul posto agli automobilisti che hanno un incidente. In Cina e Thailandia invece è attivo eCare, un servizio che consente un reclamo immediato per un possibile danno a livello sanitario: basta scattare una foto della ricevuta della prestazione medica e inviarla tramite l’app.
L’innovazione in Asia non è solo una questione di tecnologia. Ad esempio, nel 2016 la divisione indonesiana di Unilever è stata giudicata da Forbes come l’azienda più innovativa del continente e la sesta sul piano globale. Unilever è una multinazionale titolare di molti marchi nei settori dell’alimentazione, delle bevande, dei prodotti per la casa e di quelli per l’igiene. In Indonesia, il quarto Paese più abitato sulla terra, dunque un mercato dall’alto potenziale di per sé, è riuscita a penetrare non solo il mercato urbano ma anche quello rurale, non meno importante, dove molta gente inizia finalmente ad affacciarsi sul mercato dei consumi: un altro aspetto che fa dell’Asia uno dei luoghi più interessanti della terra.