La tutela delle relazioni
Amore, truffa, revenge porn. Un attimo per diventare vittime, almeno cinque anni per avere una giustizia non giusta. Sesso e sentimenti vissuti “da remoto” fanno aumentare i reati. E la legge è sempre un passo indietro
Una scena comune in tutte le famiglie e in tutte le scuole: i rapporti via smartphone non facilitano più i rapporti fisici, ma li sostituiscono.
Anni di amori prevalentemente scritti. È previsto, contemplato, normalissimo che due si frequentino online. Stare in chat e non vedersi. Stare in chat e restarci. Questa la premessa - delirante o accettabile pare dipenda dall’età - che spiega le nuove cose che ci circondano.
Dicono: se ti trovi tra le mani il telefono di chiunque abbia vent’anni, troverai un minimo (a volte più di un minimo) di porno fatto in casa dal proprietario. C’entra con l’interesse per il sesso offline che è colato a picco, ma c’entra anche la comodità. Vedersi ognuno a casa sua, dal divano, si fa con tutti i benefici e nessun investimento di tempo e impegno. Naturalmente il discorso sul virtuale sarebbe anche più articolato: le immagini hanno sostituito le persone che rappresentano. Instagram per esempio dà un continuo immaginario di confinante-col-porno, il modello è il cartone animato iper-sessualizzato e irreale delle Kardashian-Jenner e le altre omologhe, che siano cantanti, popstar o creator, come si chiamano i famosi generici.
A voler essere più precisi ancora sul trend sentimentale, si deve per forza catalogare la più frequente delle relazioni del contemporaneo, battezzata situationship.
Parola intraducibile, una via di mezzo tra piacersi e non considerarsi. Va pure ammesso che il non-amore esiste almeno da quando esiste il classico greco, arriviamo pure fino all’Eneide, dove Didone non è morta per caso.
Solo che il riferimento attuale, situationship, appunto, ultimamente ha avuto la promozione ed è passata tra le parole virtuose. Curioso che sia successo proprio alla parte più difettosa del catalogo sentimentale: chi vuole starci, nella situationship? In quelle sabbie mobili che passano tra amicizia e amore. La trappola in cui ti avvertivano di non cadere. Gli anni 90, molto più prosaici, li definivano quelli che ti vogliono e poi non ti vogliono. Nel frattempo gli anni passano. Solo i tuoi, loro trovano altro, si innamorano ma non di te.
Situationship è il “tra noi non c’è niente, però”. Situationship racconta bene l’illusione prevalente di questi ultimi anni di amori scritti. Anni di analisi del testo frenetiche, di fraintesi, di pesca a strascico, persino un “ok” in chat riesce a generare frustrazioni perché cos’è un ok, se non un modo anaffettivo di dirti: t’accontento per toglierti di torno, non ho tempo per te? Tanto che le nuove generazioni pare abbiano dichiarato resa, l’amore non fa per loro, troppo complicato, troppi rischi, ma chi ha voglia di soffrire.
Insomma c’è un nuovo inedito protocollo di accettazione del minimo relazionale e il quadro socio-amoroso che si delinea è il seguente:
Non vi siete mai visti? Va bene.
Vi scrivete e basta? Va bene.
Un estraneo ti chiede materiale pornografico suggerendo che tra voi ci sia qualcosa visto che vi state scambiando chat da settimane? Va bene.
Se questo è il retroterra, se «La generazione meglio equipaggiata tecnologicamente di tutta la storia umana è anche la generazione afflitta come nessun’altra da sensazioni di insicurezza e di impotenza», lasciandolo dire a Zygmunt Bauman, previsione nera di anni fa, c’è pochissimo da soprendersi se i numeri (gli ultimi disponibili sono del 2021) registrano incrementi anno per anno di oltre il 100% rispetto ai casi che si sono verificati nell’anno precedente di love scam.
Le tecniche di indagine delle polizie postali si evolvono, ma troppo lentamente: nell’ultimo rapporto sulle love scam si legge che in un anno sono stati sottratti 4.500.000 euro.
Profilo pubblico e privato, ormai la distinzione non ha senso. L’esposizione dei propri dati personali e delle proprie immagini è ancora regolata male e spesso la vittima di questo abuso diventa colpevole.
Love scam. Facilità della lingua inglese per una fattispecie complessa: fingere di amare una persona con il fine di ottenere un vantaggio patrimoniale. Si tratta di truffa soltanto, se ci spostiamo, l’infiocchettamento amoroso anglosassone alle definizioni del nostro codice penale.
Gli interventi della Cassazione sono ancora pochi e tutti recenti, il caso-scuola è della sentenza della II Sezione Penale, 13 giugno 2019, n. 25165.
Nella fattispecie un uomo aveva simulato una relazione sentimentale con una donna più adulta: le aveva proposto l’acquisto in comproprietà di un appartamento, aveva chiesto prestiti, una cointestazione di quote societarie. Era riuscito ad ottenere molto denaro.
Come si arriva a un processo per truffa?
Intanto serve l’elemento oggettivo del reato (art. 640 codice penale). Per definire penalmente la condotta serve una sequenza precisa di artifici o raggiri, e che questi siano legati all’errore della vittima, che, indotta da false motivazioni, fa scelte patrimoniali inavvedute o direttamente folli che altrimenti non si sarebbero determinate.
Raggiro è una simulazione: serve a far passare il falso per vero, opera sulla psiche della vittima. Artificio è bravura a sistemare la realtà esterna in modo da costruire anche l’inesistente. Le cattedrali di balle delle romantic scam sono impressionanti. La capacità umana di credere a tutto, nei fumi dell’amore, anche.
La legge si dimostra elastica: la possibilità degli artifici e raggiri di diventare elementi determinanti è poggiata su un unico dato, il nesso causale tra azione ed evento. Non rileva invece la mancanza di controllo, la diligenza e la capacità di verifica da parte della vittima. L’oggettività non è contemplata, la possibilità di chiedere a sé stessi lucidità neanche. Quel che l’ordinamento domanda - e poi basta - è l’accertamento che l’errore in cui è incorsa la vittima sia conseguenza di quegli artifici e raggiri.
Love scam, ovvero raggiro, astuzia nel fingere di amare una persona per sottrarle soldi. Vive di vuoti normativi e di vergogna delle vittime
Tutto chiaro, in teoria. Un’ottima struttura difensiva, si direbbe. Non solo la costituzione più bella del mondo, quella italiana, anche i codici e la giurisprudenza. Non si può dire lo stesso per l’altro ingranaggio, quello vitale per le leggi, l’applicazione. L’applicazione di quella norma perfetta richiede - dalle nostre parti - cinque anni per tre gradi di giudizio, stima ottimistica e per difetto, perché deve andare tutto benissimo e devono capitare tribunali virtuosi.
Cinque anni per la definizione di truffa e un’applicazione di pena. I tempi di internet invece? Gli stessi del fulmine.
Una sentenza è l’unico risarcimento previsto, è la giustizia che tenta di compensare il difetto congenito dei processi: nessuno potrà tornare indietro fino a riparare i danni che sono stati fatti. La ricucitura non è possibile. La legge è l’ammissione universale che abbiamo solo l’alternativa di contarli, quei danni, e prevedere, se tutto va bene, qualche improbabile restituzione. Un foglio di carta con una decisione presa in nome del popolo italiano dovrebbe ristabilire la parità, visto che per lo status quo ante è tardi. È il massimo che si può avere. In nome del popolo italiano qualcuno – un giudice – ti dice che hai ragione. Soldi, generalmente pochi e difficilmente recuperabili, perché l’altra parte si è già messa al sicuro svuotando quel che si poteva svuotare. Finisce lì, è tutto.
Non manca nessuna difesa, manca un’applicazione rapida, di quella difesa. Qualsiasi ufficio giudiziario, in ogni parte del paese, dirà la stessa cosa: le soluzioni ci sono, non ci sono abbastanza persone. Non resta quindi che fare la conta dei danni causati dalle sentimental scam. La Polizia Postale ha fornito gli ultimi dati nel Rapporto 2021 dal quale risulta che le somme sottratte ammontano a 4.500.000 euro.
E le denunce sono ancora poche. Motivo, quello ovvio: la vergogna. Si deve ammettere di essere stati adulti stupidi, sprovveduti, deboli. Soldi al prezzo di sentirsi speciali per qualcuno che neanche si è mai visto.
Revenge Porn
Screenshot di conversazioni private che fanno il giro dei gruppi Whatsapp. Uno dei reati più commessi, che viola la posta personale.
A vent’anni l’innamorato ti chiede e tu dai. Senza nemmeno farti troppe domande. Parole d’amore non usano più, “send nudes” sarà il messaggio statisticamente più frequente tra coppie, tiro a indovinare ma nemmeno troppo. Giovani, meno giovani, adolescenti, gente dell’età dei datteri. Non pare una cosa da matti, e ormai da qualche anno, mandare foto esplcite e libere, girare e inviare materiale pornografico di produzione propria. Sul presupposto, ingenuo, che le storie dureranno per sempre. Ci siamo passati tutti, solo i più fortunati di noi non avevano le telecamere all’età in cui non t’accorgi di nessun pericolo imminente.
In Italia sono in preoccupante aumento i casi di Revenge Porn.
È quanto segnala l’Autorità garante per la protezione dei dati personali nella Relazione al Parlamento 2024, 299 le segnalazioni di persone per il pericolo di diffusione di foto e video a contenuto sessualmente esplicito, «raddoppiate rispetto allo scorso anno».
Abbiamo aspettato qualche tragico epilogo evitabile finito in cronaca, si è trattato di un massacro, in alcuni casi, e poi anche il Parlamento italiano ha cercato di dare risposta alla domanda “che facciamo con questi video espliciti diffusi senza consenso?”. Fenomeno endemico anche questo, c’è poco da girarci intorno, figlio di questi tempi, del fatto che s’è deciso che siamo liberi, liberissimi di adeguarci al nuovo o tempora o mores, e se sei contro le varie libertà sei boomer o vecchio ordinario o anche fascista, quindi ci si tiene alla larga da ogni questione etica, di decenza o di buonsenso. Anche fosse un due più due che capirebbero pure i bambini.
Così è servita l’introduzione per direttissima nel Codice penale del nuovo art. 612-ter, approvato con un emendamento staffetta al pacchetto “Codice Rosso” (L. 19 luglio 2019, n. 69).
Qualcuno ha messo in discussione la collocazione della norma all’interno di un sistema dedicato alla tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. Si è detto che avrebbe avuto più rilievo e più forza in un nuovo Titolo del Codice sui delitti contro la riservatezza sessuale. Tecnica e dottrina mentre il problema dilaga in una forma già diversa da quella descritta dalla fattispecie.
La portata del Revenge Porn viene dalla sua definizione anglosassone, che considera una ipotesi precisa e (parere di molti) già troppo limitata: la pubblicazione, da parte di uno dei due membri di una coppia, di fotografie o video dell’ex partner acquisiti con il consenso dell’altro e dal contenuto sessualmente esplicito, con un intento preciso: quello vendicativo. La punizione terrificante che segue la rottura della relazione sentimentale.
Il correttivo è venuto soltanto dopo, quando l’espressione revenge porn è diventata una formula “catch all” per tutte le possibilità di diffusione di materiale intimo. Anche nel nostro ordinamento il nuovo art. 612-ter c.p., sanzionando «con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000» chi ha divulgato il materiale, tiene nella previsione anche i cosiddetti “secondi distributori” delle immagini sessualmente esplicite. Quelli che la ragazza della foto o del video non la conoscono ma diffondono lo stesso, per divertimento.
Ancora si chiama Revenge Porn e già la definizione, come la legge, è diventata stretta in pochi anni. Perché non è più neanche vendetta. È sfizio macabro. È diventata in alcuni casi estorsione: se mi dai tanto, non le pubblico.
Anche una semplice chat sentimentale, un video privato non necessariamente a sfondo sessuale, se diffusa ad altri, può rientrare nel contesto del “revenge porn”.
O un reato nuovo di zecca, attenuato, gestito meglio perché i revengers si son fatti furbi: è una tua ex di poco conto, una compagna del liceo, mandi il video al tuo migliore amico, lo vedono in venti, cancellano. Si sono fatti criminali migliori, si fermano in tempo, hanno la chat blindata. O sono minorenni.
Privacy è forse il più recente tra i diritti. Il più fragile senza dubbio. Right to be let alone, il diritto di essere lasciati in pace. Perduto o venduto, non importa più chiederselo, perché pubblico e privato si perdono, si sovrappongono continuamente. Passando dai massimi sistemi penali ai minimi del diritto civile, nemmeno materiale acquisito dal telefono dell’ex coniuge per provarne l’infedeltà può configurare una violazione.
L’ipotesi elementare: il partner tradisce, si chiede la separazione con addebito per infedeltà, dove prima serviva l’investigatore privato adesso basta una foto fatta di nascosto.
Chat sottratte a un telefono, fotografate, inviate a un altro dispositivo: pare qualcosa di comune, in teoria avrebbe rilevanza penale, quella è corrispondenza, la riservatezza è protetta dall’art. 616 c.p..
Anche se è un reato, il codice privacy non può escluderne l’utilizzabilità in sede civile per il diritto di difesa (art. 24 let. f ); art. 13 e art. 160 co.6, D.Lgs. n. 196/03. Cioè se non è contestata l’autenticità, il magistrato può prendere screenshot acquisiti in maniera illecita e usarli per pronunciare condanna con addebito (ord. Tribuna - le Torino VII sez. civ. 17.11.11 e sent. 08.05.13, v. anche Cass. n. 3034/11 e n. 18279/10).
È di quasi quindici anni fa la prima sentenza che ci avvertiva del tracollo imminente. Tribunale di Monza, Sez. IV, n.770/10: “Coloro che decidono di diventare utenti [di social network] sono ben consci non solo delle grandi possibilità relazionali offerte dal sito, ma anche delle potenziali esondazioni dei contenuti che vi inseriscono: rischio in una certa misura indubbiamente accettato e consapevolmente vissuto”.
Il disastro è arrivato, la legge per ora gli corre dietro senza troppo successo.
Ester Viola
Avvocato giuslavorista prestata, a volte, ai divorzi. Ha scritto tre romanzi, L’amore è eterno finché non risponde, Gli spaiati e Voltare pagina, pubblicati da Einaudi.