Blockchain, una rivoluzione?
Quali sono le potenzialità di questa nuova piattaforma
Ultimamente si è parlato molto dei Bitcoin, ma poco della piattaforma tecnologica sulla quale si basano che promette altri tipi di sviluppi, anche dirompenti.
Fino a pochi mesi fa era una parola per addetti ai lavori. Ma nelle ultime settimane il più grande picco e il più grande crollo finanziario degli ultimi anni hanno acceso i riflettori sui Bitcoin. Non si sa chi li abbia inventati, non si sa quale futuro avranno, ma oggi più o meno tutti sappiamo cosa sono: una moneta digitale che gli utenti conservano in portafogli virtuali e che può essere usata per eseguire pagamenti, trasferire denaro o come investimento sperando che aumenti di valore. Meno noto è che il Bitcoin si basa su una tecnologia - la Blockchain (letteralmente “catena di blocchi”) - che in realtà consente una serie di applicazioni molto più ampia di quelle valutarie.
I Bitcoin funzionano sulla base di un protocollo peer-to-peer, come quello di chi scambia musica e film in rete: ogni computer diventa un nodo della rete alla pari degli altri. Ogni utente conserva una copia delle operazioni in una sorta di database – cioè un libro mastro in cui sono contenuti tutti i conti di un sistema contabile – chiamato appunto Blockchain, dove sono registrate tutte le transazioni di tutti gli utenti di sempre.
I Bitcoin sono solo una delle possibili declinazioni, mentre la Blockchain è la piattaforma, l’architettura, per così dire l’hardware per la gestione di qualsiasi tipo di transazioni e scambi di informazioni e dati. Si sono versati fiumi di inchiostro sulle oscillazioni di Borsa della criptovaluta, mentre non si è dedicata sufficiente attenzione al paradigma che consente tutto ciò e che promette nuovi sviluppi. Il dito e la luna, appunto.
Perché il nome Blockchain? Perché la piattaforma è strutturata in blocchi (block) o nodi di rete che sono tra loro collegati (chain) in modo che ogni transazione debba essere validata dalla rete stessa. Ciascun nodo è chiamato a vedere, controllare e approvare tutte le transazioni creando una rete che permette la tracciabilità di tutte le transazioni. Ciascun blocco a sua volta è anche un archivio per tutte le transazioni che, proprio per essere approvate dalla rete e presenti su tutti i nodi della rete, sono immodificabili e immutabili. Non solo: strumenti crittografici garantiscono la sicurezza di ogni transazione.
Per alcuni la Blockchain è la nuova frontiera di Internet. Per altri è la rappresentazione digitale di una specie di utopia realizzata, un nuovo concetto di trust (fiducia) basato su quattro elementi: decentralizzazione, trasparenza, sicurezza e immutabilità. Secondo un video del World Economic Forum del 2016 la Blockchain è destinata a diventare una fonte decentralizzata e globale di fiducia (“a global decentralised source of trust”) e i suoi utilizzi sono potenzialmente infiniti. C’è chi parla di possibili impieghi nella logistica, nel manifatturiero, nella moda. Entro dieci anni la Blockchain potrebbe servire anche a raccogliere le tasse, votare alle elezioni politiche o combattere le frodi finanziarie. La Blockchain è destinata probabilmente anche a ridurre il ruolo di istituzioni finanziarie e autorità pubbliche in un processo di disintermediazione non nuovo nell’economia digitale (basti pensare alla sharing economy). La caratteristica principale, infatti, è che il funzionamento non è garantito da un ente centrale, ma ogni singola transazione è validata dall’interazione di tutti i nodi. La cosiddetta “marca temporale” consente di associare una data e un’ora certe e legalmente valide a un documento informatico e impedisce che l’operazione, una volta eseguita, venga alterata o annullata.
Per esempio, nel caso dei Bitcoin i proprietari sono anonimi e identificati soltanto da un codice. Ogni transazione è indicata da una chiave pubblica, che identifica il ricevente e che è usata da tutti i dispositivi per verificare l’operazione, e da una chiave privata, che serve agli utenti coinvolti ad autorizzare la transazione. Se si perde la chiave privata, si perde il denaro. Una transazione è registrata soltanto quando è effettivamente avvenuta e nell’unico luogo che monitora quanti bitcoin esistono e a chi appartengono. In questo modo si impedisce che gli utenti possano spendere più volte gli stessi bitcoin, perché il fatto che siano già stati spesi è registrato sulla Blockchain in possesso di chiunque usi Bitcoin. Falsificare i Bitcoin è molto complicato, praticamente impossibile. Ma nessuno oggi può impedire che il traffico in Bitcoin possa nascondere flussi di attività illegali.
Solo qualche mese fa l’Economist parlava di “Bitcoin bubble”, di bolla finanziaria, quando il valore della moneta virtuale era arrivato a quasi 10mila dollari, come conseguenza dell’interesse di fondi di investimento e banche. Secondo l’agenzia di stampa britannica Reuters la prospettiva di diventare uno strumento mainstream, cioè utilizzato e scambiato anche dal grande pubblico, ha gonfiato il valore della criptovaluta. Già si parla molto di altre monete virtuali, come Ripple ed Ethereum, rispettivamente la seconda e la terza cripotvaluta per capitalizzazione di mercato.
Wall Street per ora resta alla finestra, in attesa di capire se la Blockchain diventerà il suo migliore alleato o il suo esecutore testamentario. Lo scorso settembre le autorità finanziarie cinesi hanno vietato tutte le piattaforme di trading sui Bitcoin.
Nouriel Roubini, l’economista docente alla New York University che preconizzò la crisi finanziaria del 2008, a proposito dei Bitcoin ha parlato di una gigantesca bolla finanziaria ma ha definito la Blockchain “un’opportunità enorme di incrementare la produttività in molte aziende, una tecnologia molto positiva”. Anche Derek Thompson su The Atlantic, ha scritto che la Blockchain ha un futuro garantito anche se la bolla dei Bitcoin dovesse scoppiare.
Proprio l’elemento della fiducia appare centrale per capire il potenziale dirompente della nuova piattaforma. Di recente Wired ha scritto che la Blockchain sta “ridefinendo il concetto di fiducia”: siamo come nel 1993 per il Web, all’alba di qualcosa che sta nascendo, che ancora non conosciamo e che potrebbe rivoluzionare il modo in cui ci scambiamo dati e informazioni.