Una città di caloriferi
Perché cambiare faccia alle case è la prima cosa da fare
Perché cambiare faccia alle case è la prima cosa da fare
Una volta Norbert Lantschner, Presidente della Fondazione ClimAbita e ideatore del metodo di certificazione energetica CasaClima, ha fatto un esempio molto calzante: quando andiamo a sciare nessuno si sogna di indossare solo una canottiera, perché l'energia corporea andrebbe verso l'esterno e si rischierebbe la morte per assideramento. Quindi ci mettiamo maglione e giacca a vento per fare resistenza, per trattenere quanto più possibile l’energia e il calore all’interno. Ecco, lo stesso vale per le case.
Il principio è quello della giacca a vento per lo sciatore: cambiare la qualità dell'involucro – in questo caso muri e finestre – per fare in modo che l’energia sia trattenuta all'interno dell’abitazione. Con un risparmio che va dal 70% al 90% del costo dell'energia.
La questione dell’abitare è un aspetto cruciale per il riscaldamento globale. In Europa in particolare, gran parte dell’energia consumata finisce nelle case. Nello specifico, stando ai dati dell'Unione Europea, parliamo di circa il 40% di tutta l'energia che consumiamo.
L'idea di intervenire sugli involucri delle case è nata in Svezia, per via delle basse temperature. Poi fu il turno della Germania, dove il boom industriale aveva creato seri problemi di inquinamento. A oggi procedere a ritmo spedito con l’obiettivo di riqualificare un alloggio al minuto è la strategia di paesi all’avanguardia come Germania, Austria e Olanda.
In Italia la Pianura Padana è un’area in Europa tra le più industrializzate, urbanizzate e dotate di infrastrutture. E a oggi anche uno dei luoghi più inquinati e saturi di polveri sottili (Pm10, Pm 2,5), biossido di azoto, biossido di zolfo, monossido di carbonio, benzopirene: tutte sostanze inserite dalla Iarc (International Agency for Research on Cancer), nella “lista nera” dei fattori che causano il cancro (3% di tutti i tumori, 5% di tutti i tumori polmonari).
Le principali cause inquinanti sono da ricercarsi nella mobilità, nel ciclo produttivo delle tante fabbriche e, naturalmente, nel patrimonio abitativo. L’Italia nel complesso ha tuttora sei-sette milioni di edifici che sono in pratica giganteschi termosifoni: inquinano e riscaldano l'ambiente esterno consumando energia.
All’origine c’è il boom edilizio dei decenni che vanno dal 1960 al 1990: un’epoca in cui l'energia costava poco, si è costruito molto e – a livello energetico – molto male.
La soluzione, secondo Norbert Lantschner e altri esperti di sostenibilità, è altrettanto ovvia: riqualificare completamente il patrimonio di case e palazzi. Non si tratta dunque di costruire nuove case a consumo zero, ma di agire sul patrimonio edilizio già esistente. In pratica, mettere un pannello di materiale isolante sull'attuale superficie dell'edificio, dotandolo così di una “seconda pelle” spessa dai dieci ai quindici centimetri.
Significherebbe aprire decine di migliaia di cantieri senza costruire nemmeno un edificio nuovo, vale a dire creare un lavoro utile per almeno un paio di generazioni in un settore – quello edilizio – che è da sempre un grande traino per l’economia.
Le competenze ci sono tutte: tecnologie, materiali, componenti e know how. Ciò che manca, invece, è il tempo. Perché a breve, secondo Norbert Lantschner, potrebbe esserci un nuovo rincaro energetico che potrebbe portare il costo del riscaldamento e del raffreddamento degli edifici a livelli insostenibili.
Stiamo entrando in un’epoca di decrescita energetica, in altre parole avremo ancora energia ma la pagheremo sempre più cara. Per questo è necessario agire tempestivamente, mettendo in azione tutte quelle risorse e competenze che già possediamo.
Perché un’azione efficace contro il riscaldamento globale è sotto il nostro naso: spegnere i termosifoni e cambiare pelle alle nostre case.